PIANO MILITARE

Dopo due rampe di scale esterne si accede alla fortezza militare di Oriolo, il cui primo impianto fu costruito nel periodo normanno all’incrocio della via fluviale dell’Acalandro, citato da Strabone, e la via delle Serre lungo i tratturi preistorici.

Per entrare si attraversa il portone in legno, rivolto verso N e sormontato dalle insegne dei Pignone del Carretto, nuovi possessori di Oriolo dopo la seconda congiura dei baroni.

Sovrasta l’ingresso lo stemma in pietra, che presenta nel cantone destro il casato dei Pignone con le cinque pigne, nel cantone destro della punta quello dei Lignana Gattinara: due leoni affrontati e coronati e due decusse ancorate, con al capo la corona imperiale. Nel cantone sinistro del capo lo stemma dei di Sangro, sormontante lo stemma dei Colonna nel cantone sinistro della punta perché la prima marchesa di Oriolo era figlia di Porzia Colonna. Nel posto d’onore uno scudetto sopra il tutto è quello dei del Carretto e dei duchi di Sassonia.

Si accedeva al castello dopo aver attraversato il ponte levatoio che, dopo di essere stato alzato, rinforzava il grosso portone. Dietro il portone due anfratti in pendenza permettevano far scivolare orizzontalmente una grossa trave per rinforzare ulteriormente il portone. Varcato l’ingresso, si nota il primo posto di guardia a struttura circolare e a volta in pietra dura, montata in cerchi concentrici. Due feritoie permettevano la difesa dall’assalto degli invasori; una era ed è rivolta verso piazza S. Giorgio e l’altra verso la prima rampa delle scale esterne.

Per raggiungere la piazza d’arme bisogna attraversare la porta normanna. È la porta a sinistra, che i greci chiamavano porta skaiòs. La porta a sinistra rappresentava un ulteriore elemento di difesa perché la sua posizione non permetteva l’utilizzo dell’ariete per la ristrettezza dell’area antistante.

Dietro la porta, uno slargo dà la possibilità di accedere al piano militare, alle cucine e all’ultima rampa di scale, che si apre sulla piazza d’arme.

Prima di accedere al piano militare, si nota una lapide dove si riproduce la lettera di ringraziamento di Giuseppe Garibaldi indirizzata al sindaco di Napoli Giuseppe Pignone del Carretto del 10 settembre 1860 (ricerca storica di V. diego)

A sinistra della porta skaiòs si accede al piano militare, che copre tutta la zona seminterrata del castello. Presenta ampi spazi, utilizzati come deposito di armi e armature. Dopo la prima stanza quadrangolare con finestroni ricavati sul muro perimetrale normanno, si apre una stanza rettangolare, che è la sala d’arme.

 Sala d’Arme

È un ampio vano rettangolare di 14 m circa per 5 m, limitrofo alla torre di SW. Era il cuore del piano militare dove era raccolta la maggior parte delle armi e delle vettovaglie, che venivano calate dall’alto attraverso uno pseudo camino con parete frontale ricavata nella roccia. Presenta una volta a botte seicentesca in mattoni d’argilla.

Sulla parete di sinistra sono state murate due lapidi, provenienti dal convento diruto dei Cappuccini e recuperate nel 1976 dall’assessore alla cultura del tempo, salvandole dal vandalismo e dalle intemperie.

La lapide tombale in marmo è dedicata a Porzia Ramirez de Montalvo, seconda moglie di Alessandro Pignone del Carretto, III marchese di Oriolo.

A sinistra è stata murata la lapide commemorativa di mons Emmanuele Pignone del Carretto, anch’essa recuperata nel 1976 dal convento dei Cappuccini. Don Emmanuele, al secolo Giorgio Emmanuele, nacque in questo castello nel 1721 e fu battezzato nella cappella dello stesso da don Onofrio Greca. Inizialmente voleva avviarsi alla carriera militare ma, seguendo la scia del fratello fra Ferdinando, entrò nell’ordine agostiniano. Fu maestro e visitatore generale dell’Ordine; soprattutto fu un teologo profondo ed esperto in patristica. Confutò le teorie di Giansenio sulla Grazia e sulla predestinazione alla gloria. Nel 1786 dette alla luce una dotta dissertazione sulla filosofia e la teologia di S. Agostino.

Il re di Napoli lo volle percettore e confessore di suo figlio, il Duca di Calabria.

Il papa Pio VI lo nominò esaminatore dei vescovi e nel 1792 lo consacrò vescovo. Mons. Emmanuele morì il 27 novembre 1796 in odore di santità.

Il nipote paterno Alessandro Marcello gli volle dedicare questa lapide:

Deo Optimo Maximo

A Emmanuele Pignone del Carretto / eccelso ornamento dell’Ordine Agostiniano / per giudizio religiosità ingegno e / per ogni virtù eccelso istitutore di discipline / di Francesco di Borbone figlio del Regio talamo / di cui la terra suessana conserva le ossa / del suo carissimo Vescovo / /Alessandro Marcello Principe d’Alessandria / di pietà non immemore /qui tra le ceneri dei suoi / al meritevole zio paterno / colloca il ricordo di marmo con iscrizione. / Morì nell’anno del Signore DMCCXCVI. Visse anni LXXV.

Nella sala sono distribuite le armature di Federico II, Di Carlo V e di periodi rinascimentali. Completano l’arredo gli stemmi della famiglia Pignone del Carretto e delle famiglie imparentate con essa.